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298 | libro iv. |
sempre, e riboccante, fuoco che arde continuo, nè mai vien meno.
4. Il perchè, se non m’è conceduto d’attignere al pieno fonte, e berne a sazietà, io metterò nondimeno la bocca mia alla vena del liquore celeste, sì ch’io ne prenda qualche gocciola almeno, a refrigerar la mia sete, acciocch’io non inaridisca del tutto. E quantunque io non sia ancora tutto celeste, nè come un Cherubino, od un Serafino possa divenir tutto di fuoco; mi sforzerò nondimeno di dare studiosa opera alla divozione, e così apparecchiare il mio cuore, che dall’umile partecipazione del vivifico Sacramento qualche piccola fiamma io comprenda di quell’incendio divino. Tutto quel poi che mi manca, Gesù buono, santissimo Salvatore, tu l’adempi per me cortesemente e graziosamente, il quale degnasti invitar tutti a te, dicendo: Venite a me tutti voi, che siete faticati e gravati, ed io vi allevierò.
5. Or io m’affatico nel sudore della mia fronte, sono stretto in angustie di cuore, da peccati aggravato, travagliato da tentazioni, in molte ree passioni inviluppato, ed oppresso;