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268 libro iii.

e quelli che sanno la lor debolezza, gli innalzo alla comunione della mia propria natura.

4. Signore, sia benedetta la tua parola, dolce alla mia bocca sopra un favo di mele. Che potrei in tante mie tribolazioni ed angustie far io, se tu non mi porgessi conforto co’ tuoi santi ragionamenti? Purch’io pervenga, quando che sia, al porto della salute, che penso io quante e quali cose io m’abbia patite? Dammi buon fine, concedimi felice tra passamento da questa vita. Ti ricorda di me, o mio Dio, e scorgimi per diritto cammino al tuo regno. Così sia.


CAPO LVIII.


Del non dover ricercare delle cose troppo alte,

e degli occulti giudizi di Dio.


1. Figliuolo, vedi, guarda che tu non entrassi già a disputare di sublimi materie, nè degli occulti giudizi di Dio: per qual ragione questi sia lasciato così, e quegli a tanta grazia