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248 | libro iii. |
io giudico sanamente, non m’è dovuta nè pur la menoma consolazione. Ma tu, Iddio misericordioso e clemente, il quale non vuoi che le tue fatture vadano a male, a manifestar le ricchezze della tua bontà ne’ vasi di misericordia, anche senza alcuno merito proprio, degni di consolare il tuo servo in sopraumana maniera: essendo che le tue consolazioni, non sono come le ricreazioni degli uomini.
2. Or che ho io fatto, o Signore, da dovermi tu dare alcun celeste conforto? io non ho fatto, ch’io sappia, niente di bene; anzi a’ vizi fui sempre inchinevole, e tardo all’emenda. Egli è ciò vero, nè io il posso negare. se io dicessi altramenti, tu mi smentiresti, nè alcuno torrebbe a difendermi. Che ho io altro meritato per le mie colpe, se non l’inferno, e ’l fuoco che non ha fine? Confesso adunque con verità, ch’io son meritevole d’ogni scherno, e d’ogni disprezzo, nè ben mi conviene d’essere annoverato fra i tuoi divoti. E quantunque io ’l senta mal volentieri; nondimeno per amore di verità, io accuserò in faccia mia i miei pec-