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capo l. 243


4. Imperciocchè questa è grazia fatta a’ tuoi cari, di patire ad essere in questo mondo per amor tuo tribolati; quante volte, e da chiunque tu permetta ciò loro avvenire. senza tuo consiglio e provvedimento, e senza ragione niente avviene nel mondo. Buon per me, o Signore, che tu m’hai umiliato, acciocch’io impari come tu altrui faccia giusto, ed ogni alterezza e presunzione cacci via dal mio cuore. m’è stato utile, che la vergogna ricoprisse il mio volto; acciocchè piuttosto te, che gli uomini io mi cercassi a conforto. Io ho anche da ciò imparato a temere il profondissimo giudicio tuo, onde tu percuoti il giusto insieme col reo; ma non senza ragione e giustizia.

5. Grazie a te, che non m’hai risparmiato travagli; anzi maceratomi con amare percosse, affligendomi di dolore, e in angustie mettendomi di fuori e di dentro. Non ci ha di tutte le cose che sono sotto il cielo, alcuna che mi consoli, se non se tu, Signore Iddio mio, celestial medico delle anime; il quale ferisci, e risani, ci rechi a morte, e poi ne ritogli. la tua disciplina s’esercita sopra me, e la tua verga mi farà saggio.