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228 | libro iii. |
sia detta contra di lui, non ne farà molto caso: anzi nè pure sconciamente s’allegrerà, se altri prenda a fargli ragione. Imperciocchè egli considera, che io sono lo investigatore de’ cuori e delle reni, che in giudicando non guardo a persone, nè ad umana apparenza. essendochè spesse volte davanti da me è trovata ria quella cosa, che a giudicio degli uomini si credeva meritar lode.
5. Signore Iddio, diritto giudice, forte, e paziente, al quale è assai conta la fragilità, e la nequizia degli uomini, sii tu la mia forza, e tutta la mia fiducia, poichè la mia coscienza non m’è bastante. Tu sai quello che non so io: per la qual cosa io doveva in ogni riprensione umiliarmi, e con mansuetudine sostenerla. Perdonami anche pietosamente, quante volte io nol feci, e mi cresci tuttavia grazia di maggior sofferenza. imperciocchè m’è più utile la tua larga misericordia ad ottenere il perdono, che non è la mia immaginata giustizia a giustificare la coscienza che io non conosco. Comechè di nessun male io non sia a me consapevole, già non posso per questo credermi giusto; poi-