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226 | libro iii. |
sei ancora da tanto, di portare dure percosse. E dond’è, che cose sì lievi ti passano al cuore, se non perchè tu se’ ancora carnale, e più agli uomini ragguardi, che a Dio? conciossiachè, per ciò che tu temi il disprezzo, non vuoi esser delle tue colpe ripreso, e al coperto ti ricoveri delle scuse.
2. Ma guarda più sottilmente te stesso, e vedrai che tuttavia vive in te il mondo, e la matta vaghezza di piacere alla gente. imperciocchè schivando tu d’essere umiliato, e portar confusione de’ tuoi difetti, si pare per fermo, che tu non sei vero umile, nè al mondo morto veracemente, nè il mondo è a te crocifisso. Ma ascolta una mia parola, e non farai conto di diecimila degli uomini. Ecco, vedi: se tutte quelle cose fossero dette contra di te, che la più rea malizia sapesse accozzare; qual danno n’avresti tu se le lasciassi passar via affatto, nè più caso non ne facessi, che d’una festuca? or potrebbon elle pur un capello svellerti della testa?
3. Ma chi non tiene ben chiuso il cuore, nè Dio davanti dagli occhi,