Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
163 |
CAPO XX.
Della confessione della propria infermità, e delle miserie
di questa vita.
1. Io confesserò in faccia mia la mia iniquità: a te, o Signore, confesserò la mia debolezza. Spesse volte un nonnulla è ciò, che mi abbatte, e contrista. Io propongo di voler operare da forte: ma come mi sopraggiunga una picciola tentazione, così mi sento venire in grande stretta. Alle volte è una ciancia, onde una grave tentazione mi viene: e quando alcun poco (per non sentirne) io mi tengo sicuro, trovomi talora esser quasi del tutto vinto da un lieve soffio.
2. Or vedi dunque, o Signore, la viltà e fragilità mia, la quale tu ottimamente conosci. Abbi misericordia di me, e mi cava del fango anzi ch’io dentro mi vi sprofondi; nè mi rimanga da ogni parte abbattuto. Quest’è, che assai spesso mi cruccia, e mi fa vergognare davanti a te, ch’