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capo xi. | 145 |
amante di te medesimo, anzi studioso zelatore del mio piacere. Tu sei spesse volte acceso, e violentemente sospinto da desiderij: ma attendi, se tu sii mosso anzi dal comodo tuo, che dall’onor mio. Se io ti sono final cagione, tu sarai quieto e contento, comunque io disponga de’ fatti tuoi: che se alcuno tuo privato appetito tu covi in te, ecco che è quello che ti impaccia, e ti grava.
4. Ti guarda adunque di non legarti troppo al desiderio da te conceputo, prima d’averne richiesto me: che per avventura non te ne pentissi di poi, e quello ti dispiacesse che prima ti piacque, e di che, come di cosa migliore, tu eri sì caldo. Imperciocchè non ogni inclinazione che sembra buona, è subito da seguitare; ma nè ogni contraria affezione sulle prime non è da fuggire. Torna bene alcuna volta il raffrenarsi eziandio nelle voglie, e ne’ desiderij di cosa buona: acciocchè per essere in questo troppo sollicito, tu non cada in distrazione di mente, o altrui con tuo zelo indiscreto non porti scandalo; ovvero per resistenza che ti fosse fatta, subitamente ti turbi, e trabocchi.