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98 | libro ii. |
ed oneste, di virtù generate, nelle menti pure infuse da Dio. Ma di queste divine consolazioni niun può goderne quanto gli piace, perocchè la tentazione non dà lunga tregua.
2. Si oppone tuttavia grandemente alla superna visitazione la falsa libertà d’animo, e la soverchia fidanza di sè. Ben fa Iddio, dandoci grazia di consolazione: ma l’uomo fa male, non riferendo tutto in lui con rendimento di grazie. E impertanto i doni della grazia non possono in noi derivare; perciocchè ne siamo ingrati all’autore, e non ritorniamo ogni cosa alla fontale sorgente. Essendochè a chi, com’è diritto, rende grazie, dovuta è sempre la grazia: e sarà ritolto al superbo quello, che all’umile suol esser donato.
3. Io non voglio consolazione, che mi tolga la compunzione: nè la contemplazione io desidero, s’ella mi levi in superbia. che non ogni cosa alta è pur santa, nè ogni dolce altresì buono, nè ogni desiderio è puro, nè tutto quel che a noi piace, gradito a Dio. Quella grazia riceverò io volentieri, per la quale io diventi sempre più umile, e timoroso, e più