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A me l’ispiri, o figlia. Or di tua madre

Deh mi favella e de’ fratelli tuoi
E delle suore tue. Perchè venuti
Tutti all’amplesso mio teco non sono?
MARGHERITA
Egra dal duol sempre è la madre, e spesso
Il senno le si turba, e miserande
A te volge parole, e ti scongiura
Di non volerla uccider, di serbarti
Per lei, pe’ figli tuoi. Piangonle intorno
Le minori mie suore e i pargoletti;
E tutti il Ciel pel carcerato padre
Stancan di preci notte e dì. Famiglia
Più degna di pietà mai non fu vista!
MORO
Oh figli miei!
MARGHERITA
Di lagrime il tuo ciglio
S’empie, o misero padre. Ah sì! le versa
Su tanti strazïati ed innocenti
Cuori che t’aman! che di te han bisogno!
Che senza te viver non ponno! In tuo
Arbitrio stassi il consolar lor duolo,
Il dissipar quel nembo di sventura
Che spaventosamente or li ravvolge.
Placa l’ira del re. Modo ritrova,
Di non negargli i giuramenti imposti.
MORO
E se tal modo non vi fosse, o figlia,