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astio al fratello nel tuo cuore; ma, se hai da dirgli di giusto rimprovero, riprendinelo schiettamente». Perchè, non far male alla persona odiata, non basta; bisogna, oltre a questo, non solamente non voler male; anzi pregare e curare che male non le accada, e se le accadesse, sentirne sincero dolore. Piuttosto che covar rancore, meglio è dire franco la sua ragione in presenza di gente onesta e quieta. A questo modo più beni s’avranno: avremo il bene che quel tarlo nascosto uscirà da noi, e ci lascerà più tranquilli: avremo il bene, che dovendo esprimere in parole il sentire nostro, e non le trovando accomodate a dirlo convenientemente, o non le trovando efficaci a comunicare altrui quel dispiacere o sdegno che ci agita, allora cominceremo ad accorgere che il nostro dispiacere o sdegno ha qualcosa d’ingiusto: avremo il bene, che, dovendo dire in altrui presenza le nostre ragioni, impareremo a moderare il linguaggio: avremo il bene che acquisteremo coraggio a significare aperto l’animo nostro, anzichè mascherarci come sogliono i vili: avremo il bene che gioveremo a colui del quale abbiamo a dolerci, mostrandogli i torti suoi senza risentimento, e senza ch’egli ne tragga pretesto a offenderci peggio, e così nuocere a se medesimo più che a noi.
Altro precetto di generosità e di coraggio «non dir male del sordo»; e vuol dire: di chiunque non possa sentire quel che voi dite, non possa intenderla per il suo verso, e però nè rispondere nè giovarsene. Biasimare dietro alle spalle o alla macchia, è cosa, se non dannosa, inutile al biasimato, e è cosa vile.
A tutti insieme i precetti della sua legge vuole Iddio che abbiasi l’occhio: e che dichiariamo l’uno con l’altro, e li temperiamo e li rinforziamo. E dice: «Se nell’opere