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Io sono il Dio vostro; e quello che lascerete a’ fratelli necessitosi, a più doppi lo riavrete. Io sono il Dio vostro: e siccome io nel donare nascondo la mia maestà, e lascio venire agli uomini il dono come se lo trovassero per caso da sè, e così voi non fate sfoggio di quello che date; ingegnatevi di risparmiare al povero la vergogna del chiedere e del ricevere: fate che la vostra elemosina non paia elemosina ma tributo debito, consuetudine sacra.
Un’altra festa c’era, festa di penitenza; che invocavasi la misericordia di Dio: e a celebrarla era richiesto, più accettevole d’ogni sacrificio, il dolore. Perchè l’anima la qual riconosce innanzi a Dio i torti proprii, sarà nel cospetto degli uomini meno superba e meno abietta; ricupererà col pentimento la dignità propria, e meglio saprà conservarla.
Un’altra festa era la festa detta delle Tende, in memoria degli anni che Israello, uscito di servitù visse sotto le tende della disagiata ma libera solitudine E in memoria di quegli accampamenti, gli Ebrei in detta festa facevano frascati con rami di palme e di salci di lungo l’acqua corrente, verdeggianti di fronde vive, e sotto quelli abitavano per sette dì. Le memorie della schiavitù dileguata e delle acquistate franchigie, in più modi giovano e a ciascun uomo e a ciascuna famiglia, e a’ popoli interi: perchè rinfrescano il sentimento della propria dignità, perchè destano a gratitudine verso Dio liberatore e verso gli uomini che operano secondo la sua volontà; perchè rammentando il pericolo, ammoniscono a evitarlo; rammentando l’umiliazione, c’insegnano umiltà rammentando il dolore, c’insegnano aver compassione degli addolorati e soccorrerli fraternamente.