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commemorazioni, direte: eravamo servi d’un re là in Egitto; Iddio ci ha liberati, e ci ha comandato d’amarci sempre».
Ma Dio sapeva che il popolo sconoscente avrebbe poi dispregiato il suo culto, per farsi schiavo agli Dei delle genti: egli annunziava che, in pena di ciò, Israello sarebbe divorato dalle ire e cupidigie degli strani, e che molti mali verrebbero sopra lui, e molti dolori. E però volle Dio che Mosè prima di morire dettasse, come testamento, un canto ai figli d’Israello; e ch’eglino lo conservassero in iscritto ed in mente, come testimonianza del patto formato tra il Signore e loro, patto di libertà sacra e d’amore. Perchè quelle memorie che adesso affidansi alle cancellerie ed agli archivi de’ notari o alle storie, scritte da’ letterati in linguaggio noioso e assai volte difficile, quelle memorie anticamente venivano conservate ne’ canti; e i vecchi le insegnavano ai giovanetti, e le madri ai bambini: e così le ore dell’allegrezza domestica e pubblica, e le feste solenni, erano piene di ricordanze patrie e rinfrescavano nel pensiero le gioie e i dolori e gli ammaestramenti dei secoli. E però disse a Mosè: «Quando afflizioni e affanni verranno al popolo d’Israello, allora intuonino questo canto, che tu gli darai: e questo canto farà vece di risposta in mio nome ai dubbii e a’ preghi loro; sarà testimonianza dei benefizi antichi, e mallevadoria delle benedizioni avvenire». Dunque Mosè, innanzi a tutto Israello che l’ascoltava, cantò questo canto: «Udite, o Cieli, le mie parole; e le ascolti la terra. Come pioggia che in alto s’accoglie, venga il mio insegnamento; discenda come stille di rugiada sull’erba crescente. Invocherò il nome di Dio: al nostro Dio date lode. Le opere di Dio son perfette; giustizia son tutte le vie di lui.