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portatene con voi le mie ossa»1. La sua spoglia mortale e’ voleva che riposasse congiunta alle spoglie de’ padri suoi in terra al culto di Dio consacrata.

Quando il re d’Egitto, riavutosi dalla paura, seppe che tutto il popolo già era lontano; si rivolse l’animo suo all’iniquità di prima: e con lui si mutarono al peggio i cortigiani suoi, come accade; e dissero: «Che abbiamo noi fatto a lasciare Israello, e privarci della sua servitù?» Non pensano al pericolo passato, pensano al presente danno: l’orgoglio esulcerato, la vanità malcontenta del perdere que’ servigi di tante migliaia, gli abiti del comandare subitamente interrotti, il rancore contro questi sciagurati schiavi, che dopo tanti anni di silenzio si sognano di farsi vivi, l’avarizia, commossero a voglia di vendetta non solamente il re tristo e sciocco, ma non pochi de’ grandi che talvolta son peggio di loro. E s’accinse a inseguire gli Iraeliti con cavalli e con carri, e con gran forza d’armi. Ma i figli d’Israello passarono il mare, maravigliosamente apertosi, lo passarono a piede asciutto; e gli Egizii, volendo tenere lor dietro, tutti quanti affogarono. E Mosè con tutto il popolo cantò un inno a Dio che li aveva prodigiosamente dalla lunghissima servitù liberati.

Levatisi dalla riva del mare, camminarono tre giornate per un luogo arido e solitario: poi vennero in Mara; poi in Elim, luogo ameno, con dodici fonti d’acqua viva, e giro giro settanta alberi grandi di palme. E lungo le acque spiegarono tutti le tende. E mossisi da Elim, vennero al deserto di Sin, ch’è tra Elim e il monte Sinai; chè erano dall’uscita d’Egitto passati quaranta cinque giorni. E perchè la grande moltitudine, con tanti impedimenti ch’ella aveva, muoveva molto lentamente, Mosè pensò di mandare intanto

  1. Giuseppe voleva che le sue ceneri fossero deposte, con le ceneri dei suoi padri, nella terra da Dio promessa al popolo d’Israello.