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le cento volte in modo più abietto, concedendo, e poi negando, e poi pregando, e poi insultando ancora, e poi confessandosi reo, e poi sbuffando di rabbia impotente. Ma Dio volle mettere questo disgraziato come documento a tutte le genti e a tutti i secoli, di quel ch’è innanzi a Dio l’arroganza de’ dominanti quaggiù. E pure, a ogni volta che il reo re fa le viste di ripentirsi, Mosè fa cessare il flagello o degl’insetti o della grandine o del contagio, o altri simili; per insegnarci quanto di buon grado rimeriti Iddio ogni disposizione al meglio, e quanto sia facile cansare in tempo la pena.

Finalmente, stanchi i sudditi di Faraone, quantunque avvezzi a servire alle follie scellerate di colui, finalmente stanchi gridarono: «A che gioco giochiamo? Fino a quanto s’ha egli a soffrire noi? Lasciate pure che cotesti uomini se ne vadano e facciano al Dio loro le cerimonie». Fu dunque richiamato Mosè con Aronne e il re disse loro: «Ite pure e sacrificate. Ma quanti avete a ire?». Rispose Mosè: «Co’ bambini nostri, co’ vecchi anderemo, co’ figliuoli e con le figliuole, con le gregge e gli armenti: perchè solennità del Signore Dio nostro è questa che dobbiam celebrare». Disse il re: «Se Dio v’aiuti, ma come volete voi ch’io vi lasci ire con le vostre famiglie? Chi non vede che voi rivolgete in mente qualche perfida cosa? Così non sarà. Andate soli, voi uomini, e fate sacrifizio quanto volete». E li cacciò via. Allora nuovi flagelli. E allora il re a confessare di nuovo il suo peccato: «Ho peccato contro il Signore Dio vostro, e contro di voi». Questi poveri calpestati, e’ li nomina subito dopo Dio; dacchè li vede da Dio difesi tanto potentemente. Certe anime abiette non riconoscono il pregio