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avessero fatti venire più in uggia al re, e messagli in mano la spada da far del popolo gli strazi estremi. Così segue spesso che gli uomini coraggiosi sostengano querele e raffacci da coloro stessi a’ chi intendevano di giovare. Mosè per tali querele si scorava; ma Dio gli mise in cuore fiducia novella, rammentandogli le promesse fatte, di trarre Israello dalla vilissima servitù.
S’ingegnava Mosè d’infondere ne’ figli d’Israello la propria fidanza: ma l’avvilimento vecchio e le nuove angherie li fiaccavano tanto che non sapevano dar mente a conforti. Allora Mosè con Aronne si ripresentarono al re tristo e sciocco; e fecero in sua presenza diversi prodigi, che lo sbalordirono: ma il suo cuore era duro. Perchè l’uomo sordo al dolore altrui, difficile cosa è che senta altra voce. Come da dolori, così da prodigi torceva lo sguardo quel re tristo e sciocco; non ci voleva pensare. E Mosè rinnovava ogni tanto la sua richiesta in nome del popolo e di Dio, e annunziava nuovi flagelli al re ed al suo regno, se pur negasse; ma il re tristo e sciocco nella stretta dell’angustia prometteva, e poi rinnegava la propria parola; come sogliono i prepotenti; che di cotesta vergogna se un povero si macchiasse, lo tratterebbero da furfante e da bindolo. Vedeva nel fatto il re tristo e sciocco, che i suoi Dei non ce ne potevano al paragone del Dio di questo popolo disprezzato; ma, appena restata la necessità, ritornava quel disumano di prima. E intanto, per cagione della sua stupidezza nel male, pativa la nazione egizia tutta quanta: gli oppressori pativano; e gl’Israeliti oppressi, vivendo in mezzo a loro, eran liberi de’ flagelli. Così segue talvolta nel mondo, che il più poveretto va salvo dalla tempesta la quale schianta il superbo. Il re tristo e sciocco, per tema di umiliarsi una volta condiscendendo a giusta richiesta, si avviliva