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e al rossicante e al ranciato di quell’ardore si discernevano nette come per vetro le tinte chiare e cupe, giovanette e mature, del verde, come discernonsi foglie di rosa galleggianti in ruscello; e nel rado de’ rami, e tra il fogliame giocava la luce mirabile, com’aria viva.

Allora disse Mosè fra se stesso: «Vo’ ire a vedere che è questa cosa; che la macchia senza fumo arde e senza incenerire». E una voce dal mezzo dell’ardore lo chiama: «Mosè»; e ancora «Mosè». Rispose: «Eccomi». Allora la voce: «Non t’accostare più oltre: sciogli il calzare, e sta a piedi ignudi. Perchè terreno santo è il luogo ove stai». Mosè fece secondo quella voce; e dalla fiamma sentì: «Io sono il Dio del padre tuo, il Dio d’Abramo, il Dio d’Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè si nascose con le mani la faccia, e chiuse gli occhi; che non osava levarli alla fiamma, e vedere l’Angiolo, che nel nome di Dio gli parla. La voce disse: «Ho veduto i dolori del popolo mio in terra d’Egitto, e udite le grida del popolo per la crudeltà di coloro che soprastanno ai lavori. E, per pietà della loro angustia, io ho destinato di deliberarli dalla man degli Egizii, e condurli in altro paese. Or vieni, e ti manderò a Faraone, e far che tu tragga d’Egitto il popolo mio D’Israello». Disse Mosè: «Chi son io, ch’ho a ire e liberare Israello?». La voce disse: «Io sarò teco: e, per segno ch’io th’o mandato, sappi che, all’uscire del popolo mio d’Egitto, tu ti troverai a far sacrifizio a Dio d’Orebbe su questo monte stesso». Mosè disse: «Andrò dunque a’ figli d’Israello e dirò loro: Il Dio de’ padri vostri mi manda a voi. Se domandano qual’è il suo nome che ho a dire?». Disse la voce a