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isposa Sefora figliuola di lui. E l’ebbe dal padre; il quale, conoscendolo sempre meglio, andava sempre più lieto d’un genero così buono e di tanto valore.


Se ne stava Mosè nella terra di Madian; e badava alle gregge del suocero per que’ luoghi solitarii. Nella solitudine il dolore si acqueta e purifica; nella solitudine l’anima, rimeditando le esperienze della vita passata, le intende meglio come quando da un’altura riguardansi i curvi sentieri del monte, quasi striscia di fiume che serpeggia tra’ massi, e l’occhio comprende in un tratto la via lentamente misurata ascendendo. Per quelle cime e per le valli andava Mosè dei dolori del popolo suo diletto parlando alla foresta, alle acque, al duro macigno, all’aurora e al sole occidente, e raccontando ai pastori la storia de’ suoi padri, e cantando le lodi divine con essi. Una volta ch’egli aveva, tutto solo, menato il gregge assai spazio dentro nella solitudine, venne a una grande montagna, che si chiamava la montagna d’Orebbe. Giunto a un pianòro, vede una fiamma di fuoco vivo che usciva d’una gran macchia di pruni e prendeva tutta quanta la macchia. Egli stette a vedere alquanto: e la macchia ardeva, ardeva, ma senza che il fuoco la consumasse: e erano varii i colori qua e là della fiamma, e del colore medesimo i gradi varii; qui un fuoco di brace, qui lume di sole, là candore d’aurora, là dolce rossore di nuvolette da sera: e l’un dall’altro colore usciva, e ci rendeva, come melodia di voce con voce, come belle forme di poggi, che d’altura in altura riposano l’occhio corrente per esse; e sotto al vermiglio e al violetto