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fosse dovuto seguire agli Ebrei maggior male, allora Mosè doveva astenersene. E però prima di saltargli addosso, si diede un’occhiata intorno, non già per paura, ma perchè gli Egiziani inaspriti non diventassero più crudeli, e la difesa ch’egli intendeva di portare a un de’ suoi, non tornasse in danno di molti. E però, nel difendere altri dalla ingiustizia, badiamo di non li esporre a ingiustizie maggiori: operiamo non per vendetta cieca o per matta vanagloria, ma con provvida carità.



Un altro giorno, passeggiando Mosè la campagna, trovò due degl’Israeliti fratelli suoi, ch’erano venuti a rissa: così spesso accade che gl’infelici avviliti dal prepotente si sforzino di avvilirsi fra loro più e più. Mosè a quella vista si commosse di compassione sdegnosa, e disse a quello dei due che aveva attaccata la rissa: «Perchè picchiare il tuo fratello così?». E quel disgraziato, al quale il pio consiglio pareva offesa, rispose: «Chi è che ti ha fatto, te costì, soprastante e giudice nostro? Vuoi tu forse come ammazzasti quell’Egiziano, lì fuori, ammazzar me?». Mosè si mise in sospetto per questa parola; pensò fra sè: «Come mai è uscita in palese la cosa?». O che taluno in lontananza vedesse quand’egli si avventò all’Egiziano; o che l’Ebreo difeso da lui, per riconoscenza o per vanto, lo ridicesse, fatto è che la cosa si seppe; e di bocca in bocca andò serpeggiando il rumore, come poca acqua che goccia da’ massi, e si nasconde tra l’erbe, e scende, e si fa ruscelletto, e di più ruscelli, torrente. Talvolta credesi che dalle spie venga il male; e non è vero: con le nostre imprudenze noi siamo a noi stessi spie.