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a modo di navicella, e l’intonacò di pece e bitume, e vi pose dentro il bambino, e mise la navicella nel canneto che sull’orlo del fiume cresceva ben alto. La sorella del bambino, la quale era grandicella, se ne stava alquanto lontano, a vedere quel che sarebbe del suo povero fratellino: e di tanto in tanto andava e faceva cenno alla madre ch’egli era tuttavia lì; e la madre e il padre pregavano a Dio con gran timore, ma insieme con fiducia grande. Quand’ecco la figliuola del re scendere dal palazzo, per bagnarsi nel fiume: chè allora, in mezzo al gran lusso della corte, non usava però bagni caldi nè chiusi tra marmi; ma era più bello bagnarsi laddove il bel fiume faceva seni riposti, con begli alberi giro giro che parevano come le rive d’un piccolo lago; e tra le ombre commosse e il sole e il venticello scherzavano, e la rondinella radeva con l’ala leggera le acque, e d’ogni parte veniva il canto degli uccelli volanti delle alte cime alle erboline della sponda, e dalla sponda alle cime. Intanto ch’ella stava bagnandosi, le sue ancelle passeggiavano lungo la riva. E ella vide la cestella nel canneto, e mandò una di quelle ancelle per essa. Recata che la gli fu, la figliuola del re aperse la navicella, e vi trovò dentro il bambino che piangeva, e n’ebbe pietà. «Gli è, disse, un povero bambino ebreo». La sorellina allora si fece animo, e uscì di dietro agli alberi dove stava e vedere, e disse: «Volete, signora, ch’io vada e vi chiami una donna ebrea, che possa fare al bambino da balia?». Rispose: «Va». E la fanciulla andò e fece venire sua madre. La figliuola del re disse a lei: «Prendi questo bambino e allattalo. Avrai la mercede da me». Con che impeto di riconoscenza si sarebbe voluta la madre gettare a’ piedi