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grandi del mondo i quali in tante cose sono più soggetti de’ piccoli che servono ad essi. Andarono con Giuseppe grandi d’Egitto in buon numero, e i fratelli di lui, senza i figliuoli e le mogli, che rimanevano in terra di Gessen. Andavano col corteo carri e cavalieri; e se ne fece moltitudine grande. Quali erano allora i pensieri di Giuseppe in ripassare que’ luoghi che tanti anni fa aveva visti servo venduto, in mezzo a gente nuova, e senza speranza di riabbracciare suo padre e dargli novelle di sè? Nel rifare la medesima via, riconosceva le alture e le valli e le acque vive; e rammentava le fermate, i disagi, e l’aspetto delle nubi nere, della notte profonda nel luogo solitario; rammentava le parole amiche e le cure di que’ mercanti, men crudi de’ suoi fratelli, rammentava le preghiere innalzate dal suo cuore a Dio, e i conforti segreti che Dio gl’ispirava. Passarono il fiume Giordano: e, giunti al podere di contro a Mambre, seppellirono con pianto nella grotta doppia la spoglia del vecchio venerato. E, fatto ciò, ritornarono, in Egitto Giuseppe e i fratelli, e tutta la compagnia di cocchi e cavalieri. La morte del padre destò nei fratelli di Giuseppe il timore; e dicevano tra sé: «Forse che, ricordandosi del male che gli è stato fatto, adesso e’ si pensi di rendercene». E non osavano significare questo sospetto, per tema di risvegliare i rancori sopiti, o d’offenderlo diffidando. Ma, risoluti alla fine di non rimanersene in continua angoscia per sè e pe’ cari loro; non sapendo come parlargliene essi, mandarono persona fidata dicendo: «Vostro padre» (non dicono nostro padre, perchè sentono di non essere stati fratelli veri, e perchè credono poter meglio commuovere il cuore di Giuseppe con questa parola) «Vostro padre, innanzi di morire, c’impose di dirvi a nome suo queste cose: - Io ti prego