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furon soli, levò con singhiozzi la voce, tanto che quelli di fuori l’intesero, e disse a’ suoi fratelli: «Io sono Giuseppe. È egli vivo il padre mio?». Gliel’avevan pur detto ch’egli era vivo; ma prima Giuseppe aveva domandato di lui come un estraneo, adesso domanda come figliuolo; come Giuseppe, domanda del suo padre. E vuole di bel nuovo sentire da’ fratelli ricuperati la dolce novella. I fratelli non sapevano rispondere; così li aveva lo spavento confusi: ma egli con modo amorevole: «Accostatevi a me». S’accostarono; e disse: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, venduto da voi. Non temete, no; e non vi sappia male l’avermi mandato in questo paese; che per il bene vostro mi mandò il Signore in Egitto innanzi a voi. La fame durerà ancora assai tempo; e Dio permise ch’io qua venissi per prepararvi il campamento, che possiate campare la vita. Non per consiglio umano sono stato, ma per volontà di Dio, qui mandato; che mi fece essere come il padre del re, che mi diede autorità in corte e per tutto il paese. Presto, ritornate vi prego, dal nostro padre, e gli direte: - Questo vi manda dicendo Giuseppe, il vostro figliuolo. - Iddio mi fece avere autorità grande in Egitto. Venite da me, padre mio; e abiterete nella terra di Gessen, e sarete vicino a me, voi e i figli vostri e i figliuoli dei figli vostri, con le gregge e gli armenti e tutto l’avere della famiglia; e io penserò al campamento di tutti; giacchè durerà ancora del tempo la fame grande. - Ecco qui, gli occhi vostri e gli occhi di Beniamino, fratello mio, veggono che Giuseppe, il vostro fratello, vi parla. Dite a mio padre del mio benestare, e di tutto quel che in Egitto avete visto. Presto conducetelo a me». E, in così dire, si gettò al collo di Beniamino fratello suo,