Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
figliuoli d’un uomo abitante in terra di Canaan. Il fratel minore è rimasto con nostro padre: quell’altro non vive più». A queste parole che gli annunziavano il buono suo vecchio padre vivo, e vivo Beniamino, pensate quel che Giuseppe provò nel suo cuore. Nondimeno stette alla dura, e disse: «Così è come ho detto io: siete spie. Voglio fare una prova sulle persone vostre. Voi non uscirete di qui sin che non venga qua anco il fratello minore, che dite. Vada un di voi, e lo conduca da me, e voi starete prigioni insin che si vegga se siano vere o false le cose che dite. Se false, senz’altro voi siete spie».
Li tenne rinchiusi tre dì: il terzo giorno li levò di carcere, e dice: «Fate al modo che ho detto. Se siete uomini di pace, l’un dei fratelli stia prigione qui: voi andatevene, e portate a casa il grano comperato, e conducetemi il fratello più giovane, ch’io possa aver prova delle parole vostre». Or si vegga come Giuseppe mitighi la sentenza. Sul primo voleva tenersi nove fratelli, e uno solo mandare al padre; adesso uno solo ne vuole, e i nove rimanda, che il padre ne sia meno sgomento e meno accorato. Ciò nondimeno, ai fratelli la cosa sapeva amara; e nell’ubbidire e nel distaccarsi da quel fratello che lasciavano a mani stranie dicevano tra se: «Meritiamo, sì, di patire, meritiamo, perchè abbiamo fatto cosa crudele contro il fratello nostro, che vedevamo l’angoscia dell’anima sua, quand’e’ supplicava che gli avessimo compassione. E però questa disgrazia ci viene sopra». Ecco come le disgrazie ci fanno del bene, richiamando l’uomo a se stesso, rendendogli la coscienza de’ torti suoi, e il desiderio di ripararli. Fortunati chi sanno adoprare le disgrazie come e richiamo d’amore a Dio e a’ prossimiloro.