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messaggero notturno, ora come guerriero che armato sfida a battaglia l’anima sprovvista. La qualità della morte lo conturbava di spavento; in pensare alle lunghe ambasce dell’agonia, a quel combattere di tutta intera la morte in corpo robusto e in un ispirito presente a’ proprii danni e rimorsi.
Davide, richiamato ch’ebbe il giovane messaggero, e con ansietà veloce interrogatolo d’altri particolari della battaglia, domandò: «Di che luogo sei tu?». Il quale rispose: «Sono figliuolo d’un Amalecita, di lontano di qui». E Davide dice a lui: «Perchè non hai tu temuto di metter mano a uccidere il consacrato da Dio?». Chiamò Davide uno de’ suoi e comandò che uccidesse l’Amalecita, e: «Il tuo sangue, disse, sia sopra il tuo capo; chè la tua bocca ha dato la tua sentenza, dicendo: Al consacrato da Dio diedi morte». La morte dell’uccisore non faceva già vivere Saul, nè Gionata il buono; ma a que’ tempi era molto frequente la pena del sangue, la quale, col procedere del vero sentimento cristiano tra’ popoli della terra, andrà sempre più diradando. Il sole del cristianesimo risplende inestinguibile in alto; ma le nubi e le nebbie della terra, e il fumo, l’offuscano agli sguardi nostri; e coloro che stanno sepolti in valle profonda, lo vedono tardi e poco; e non pochi chiudono gli occhi e le finestre per non ne scorgere il dolce lume. A Davide dolse e la novella e il tristo servile modo come quell’Amalecita nemico glie la recò; il quale sperava premio e dell’annunzio e del fatto; e, portando a lui la benda reale del capo di Saul, pareva dire: «Io ho fatto cosa a voi cara, a uccidere il vostro nemico». E così segue nel mondo: che vi recano il male altrui come imbandigione squisita;