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campo d’Israello». Davide a lui: «Che c’è? dimmelo». E l’altro: Israele è in fuga; morti di molti. Anche Saul e Gionata, morti». Davide, attonito alla novella, e non credendo ancora, domanda: «Come lo sai?» Risponde: «Venivo per caso dal monte di Gelboe: e Saul, abbandonatosi con tutto l’empito della persona sulla sua spada, e trafittosi, combatteva con la morte in tristo modo a vedere. E i carri e i cavalieri nemici sentivansi già. Nel dibattersi, e’ volge gli occhi, e vede me che passavo guardandolo con terrore; e mi chiama. Rispondo: eccomi. Dice: Chi sei tu? E io a lui: Io sono un Amalecita. Allora mi dice: Vieni e finiscimi. Ho angoscia di morte e sento tutta la vita in me. Andai, e gli rifissi la spada, e l’uccisi perchè sapevo che già e’ non sarebbe potuto vivere dopo quella rovina. E presi la benda di re, ch’egli aveva intorno al capo; e l’armilla del braccio, e l’ho portata, signore, (eccola), a voi». Davide non diede mente a cotesto; ma, come le parole di quell’uomo si approssimavano alla morte di Saul, così Davide si mutava tutto in volto; e prese a stracciarsi le vesti di dosso, e levò grido di pianto co’ suoi più fidati, e digiunò fino a sera dal dolore sopra Saul e sopra il figliuolo di lui, e sopra il popolo del Signore, e sopra la famiglia d’Israello umiliata, e tanti prodi periti di spada. Il dolore del caro suo Gionata abbracciava anco il padre; e la pietà del popolo per cui Davide aveva combattuto tanti anni, copriva, quasi gran manto, la testa del re suo nemico. Poi, le anime non cattive si commuovono sui caduti, per cattivi che siano; e pensano con terrore alle vicende umane, e a’ giudizi di Dio, che vengono or come