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Passato il primo dispetto del vedersi con diffidenza rigettato dal campo de’ Filistei, Davide rientrando in sé stesso, avrà senza fallo benedetta la loro diffidenza che lo salvava dalla vergogna di combattere contro Gionata suo fratello, e contro la nazione sua madre. E quando i Filistei erano per venire con Israello alle prese, il cuore di Davide avrà pensato con tremore e con rimorso ai capelli insanguinati di Saul, al petto ferito di Gionata, alle morti di coloro che tante volte avevano in sua compagnia incontrata la morte. Bramava andare a soccorrerlo: ma Israello lo avrebbe, dopo la sua fuga tra’ Filistei, temuto nemico, e sempre più confusosi nello sgomento. Vinsero i Filistei: si sbandò per la china del monte l’esercito d’Israello. I feriti barcollavano come uomini presi dal vino; e precipitavano alfine, misero inciampo agli altri fuggenti. Perirono, combattendo, i figliuoli di Saul, Abinadab, e Melchisia, e Gionata il valoroso: che tutti e tre con le loro schiere accorrevano or qua or là intorno al padre, come madre intorno ai figliuoli; bramando d’aver cento vite ciascuno da spendere per quella così cara vita. Gionata morì benedicendo Iddio che tra le armi nemiche non avesse mai avuto a rincontrare il petto di Davide; morì lieto quasi di non vedere l’ultima rovina de’ suoi senza poterne alleviare l’ambascia.
Uccisigli i tre figliuoli, tutto lo sforzo della battaglia, come sasso che dal cadere piglia impeto, piombò contr’esso. Una schiera di saettatori valenti lo incalzan; e il suo scudo era grave di frecce confitte: seminata di dardi la terra. Il re, ferito, non poteva più combattere nè ritirarsi. Allora chiamò