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fare un’opera buona e a liberarsi da un grande pericolo! I prigionieri rapiti da Siceleg, furono tutti salvi, dal vecchio al bambino; salve le più tra robe di pregio. Molte anco le pecore e i buoi dal nemico rapiti in terra di Filistei; e li mandò Davide innanzi al suo piccolo esercito, come in trionfo. E ritornarono al torrente dov’erano restati i dugento stanchi, restati per cenno di Davide stesso. I quali vennero incontro a’ compagni: e Davide primo, appressatosi ad essi li salutò con maniera affettuosa. Ma tra i quattrocento combattitori parecchi erano gente rotta, avida più di lucro e di risse, che desiderosa di concordia e d’onore. E costoro cominciarono gridando a dire: «A quelli che non sono stati con noi, non s’ha a dare nulla. Rendiamogli a ciascuno la sua moglie i figliuoli; e anche di questi ringrazino il valore nostro. E poi basta». Davide, vergognoso per loro, e dolente d’avere tali compagni, dissimulava il risentimento per non aggravare il male; e con buone maniere diceva: «Fratelli miei, noi faremo migliore uso, spero, de’ beni dati da Dio, il quale ci ha dato la forza di vincere. Non vi fate sentire con cotesti discorsi che nessun uomo di cuore potrebbe ascoltare con lieta faccia. Ugual parte avrà e chi combattè e chi guardò le bagaglie: ogni cosa sarà giustamente distribuita». E da quel giorno, siffatto modo diventò consuetudine in Israello, stabile e ferma. Nè solamente divise tra i secento la preda; ma parte ne rimandò a que’ del paese di Giuda che dagli Amaleciti erano stati rubati (giacchè non poteva nominatamente conoscere di chi ciascuna cosa fosse): così dimostrando che il cuor suo era pur tuttavia con il popolo d’Israello.