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insetto molesto. Ma il dolore di quel povero forestiero fu come una striscia di sangue che, dal luogo dov’egli giaceva, segnò lunga traccia infino al luogo dove gli Amaleciti predatori furono colti dal ferro di Davide.
Furono colti che stavano mangiando e bevendo, e facendo gran festa delle spoglie prese sì dalla terra de’ Filistei e sì dalla terra di Giuda. Tumultuosa allegria, somigliante al suono confuso di torbide onde, o al canto roco d’uomo che abbia la voce dal vino ingrossata e tremante. Mista ai frizzi le ingiurie, e il fremito al ghigno, e ai giuochi le risse; e le bestemmie interrompevano le mal sapute canzoni. Chi gode piaceri troppo facili e male acquistati, ha mal godimento. Vennero improvvise su quella baldoria, come gragnuola su mèsse matura le spade de’ compagni di Davide. Gli Amaletici confusi, chi cerca l’armi sue gettate per terra o sospese ai rami degli alberi; e nel cercarle è trafitto; chi, dalla crapula sbalordito, tentenna, e stramazza senz’urto: l’un nell’altro dànno di cozzo, e non discernono nemici da amici: le vivande e le vesti tinte di sangue. Davide e i suoi con le grida aiutano il terror delle lancie: le donne e i fanciulli prigioni gridano anch’essi, incuorandole alla caccia, e pregando Iddio che al loro braccio dia polso. I rubatori si cacciano adesso fra’ poveri prigioni, pur dianzi scherniti, che con l’ombra loro li salvino; e gl’Israeliti dovevano, nel mirare al nemico, por mente che nessun de’ prigioni toccasse ferita.
Fu lunga la strage. I morti quasi manne sul campo giacevano a mucchi. Quattrocento giovanetti montarono sui cammelli e fuggirono. Or che costava a quel signore amalecita gettare sul dorso d’un cammello quell’Egiziano servo, chiedente pietà? Tanto poco ci vuole talvolta a