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o dell’anima tante creature innocenti, per rendere tante povere donne a’ loro padri, mariti, fratelli, per ricomporre tante famiglie lacerate come si straccia un leggier velo e s’insudicia e strascina per le terre; certo ch’egli ha fatto bene se con questa intenzione s’è per dato per guida a Davide. Ma se lo fece per disamore e dispetto degli Amaleciti padroni suoi, per vendetta d’essere stato, come una bestia morta, abbandonato infermo, dolente, nella campagna; se lo fece per aver da Davide salvezza e aiuto e mercede; allora la sua è opera di servo abietto e di traditore. Non doveva cotesto disgraziato, per prima cosa, patteggiare con Davide che sarà né ammazzato né dato ai nemici padroni suoi: doveva fare quello che l’umanità richiedeva e dire la verità. Ma questo era atto di difficile virtù, rara molto. Scusiamo quell’Egiziano infelice se non seppe usare generosità pura d’ogni timore e speranza quando vediamo che Davide stesso non sempre seppe essere generoso. E chi sa che nell’anima di quell’Egiziano infelice il pensiero di sé medesimo non si sia confuso con la coscenza del fare un bene a que’ poveri prigioni, confuso in maniera ch’egli non avrebbe saputo distinguere queste due cose?
Ecco intanto quel che guadagnò l’Amalecita crudele ad abbandonare in via un servo infermo così. Pensate un po’ le preghiere che avrà sparse indarno quell’uomo sull’atto d’essere deserto; come invocata la pietà ora di questo, ora di quello, e di tutti; e di che grida avrà fatto risuonar la campagna, e perseguitati col lamento coloro che spensierati se n’andavano via, meditando la dovizia della preda. E quando, allontanatisi, non han più sentita la voce di lui sarà parso a loro d’aver discacciata da sè il ronzio d’un