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slancia appuntando le corna; dove il verde rado e i pochi fiori che a state già matura fanno primavera lassù, piede d’armento non li preme mai, nè man d’uomo li coglie.
Un giorno, scendendo da quei precipizii a mezzo la costa, si abbattè Saul a una di quelle capanne dove la state il pastore riposa la notte badando alle pecore; e nel verno il viandante, andando da luogo a luogo per la solitudine, trova un po’ di legna da sgranchiare le membra assiderate, e una pietra difesa dalla neve, ove posare il suo capo stanco. Era poco lontano di lì una spelonca profonda, la quale di dentro si partiva in due caverne, divise tra mezzo come da una parete di bianco e verde macigno. Entrò Saul per necessità del corpo in quella spelonca, e prese la caverna a mancina ch’era più indentro, e depose il suo mantello a man destra quasi sulla bocca della caverna. Or nell’altra a man destra era appunto nascosto con alcuni dei compagni suoi Davide. Questi videro il re venire; e a Davide, più con cenni che con parole, dissero che il momento alla fine era giunto. Davide si levò dal sedile cavato nel vivo sasso, dove stava col braccio reggendo la fronte, si levò, e prese in mano un coltello. I compagni di lui stringevan le labbra; e chi digrignava i denti, com’uomo ch’accompagna con l’anima un atto crudele; altri stavano attoniti di tanta risolutezza del sofferente guerriero. Davide va; ma, senz’entrare nella grotta a mancina, prende dall’un de’ capi il mantello del re (il qual mantello era in luogo che Saul, volto in là, non lo poteva vedere), ne taglia un lembo, e ritorna senza parola al posto di prima. E anche questa gli parve irriverenza; aver, pure a mostra, levato il coltello sopra cosa toccata da Saul: e, quasi atterrito dell’altrui pericolo, recava la mano dal petto alla fronte. I compagni non intendevano