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Dalla solitudine di Maon se n’andò Davide nei sicuri luoghi d’Engaddi. E come Saul fu tornato dalla battaglia, e seppe ch’egli era nella solitudine d’Engaddi, se n’andò con tremila scelti da tutto Israello alla caccia crudele; com’uomo che smette per faccende la caccia, e, sbrigate, a quella ritorna. Poteva Davide tra que’ burroni attenderlo al varco e co’ suoi secento, rotolando massi e vibrando saette dall’alto, distruggere que’ tremila: ma Davide, ubbidiente a’ consigli di Samuele, e della coscienza propria e del cuore, riguardava con riverenza il padre di sua moglie e dell’amico prezioso suo; come se il sangue di Saul fosse sangue delle sue proprie vene. Il torvo re frantendeva cotesta generosità; la intendeva per paura, che il genero fuggisse dinnanzi alla sua maestà, come la paglia dinnanzi al soffiare del vento. E però corrergli dietro a quella maniera, lo stima un bell’atto di regio coraggio. E come chi va tentoni al buio, e a ogni rumore si volge or qua or là cercando; così re Saul per que’ monti pigliava ora a diritta ora a manca: e pareva uomo preso da febbre smaniosa, che non trova luogo. Al vedere Davide, conoscente del paese alpestre, al vederlo mostrarglisi da una parte, e poi dietro alle macchie sparire, e ricomparire lontano su un’altura erta, lontano tanto che dal basso pareva non più grande d’un uccelletto che posa sul ramo, e una fronda lo cela; e al vedere il re dissennato seguitarlo, anelante a quel sangue, come cervo alla fonte; e, oppressandoglisi, rimanere deluso, perchè già la sua preda s’era levata di lì, e come sasso rotato, scesa già per iscoscesi pendii nella valle; al vedere cotesto giuoco incessante, quel povero re vi avrebbe fatto pietà, com’uomo uscito di senno. S’inerpicava per scogli dirupati, dove l’agile muffolo appena si