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li imagina forti a combattere per far comodo a lui, risica di rimanere gabbato non tanto da loro quanto da sè.

Così Davide co’ suoi secento uscì di Ceila innanzi che Saul giungesse; e ringraziò quelli tra’ cittadini che si mostravano disposti a pericolare seco. Coloro stessi che avrebbero ceduto alla forza e datolo a Saul, adesso, a mente serena, vedevano che quell’atto sarebbe stato alla città vitupero. E così Davide, andandosene, lasciò ad essi il merito d’una buona azione immaginata; perchè anco l’immaginazione del bene, accompagnata dal desiderio, può avere il suo merito, e farsi germe d’opere virtuose. Le madri e le sorelle e le mogli, grate a lui che aveva fatto del bene ai cari loro, dall’alto delle mura seguivano Davide e i suoi secento con l’occhio, e additavano a’ bambini le lance luccicanti al primo raggio del sole, che si perdevano tra i sentieri della montagna, e ne apparivano tratto tratto fra il verde, come appunto fa il raggio del sole cadente a chi corre tra piante fitte di fronde.


Usciti di Ceila i secento con Davide, andavano qua e là incerti, com’uomo che non sa la via, e ora prende questa e or quella, sperando che l’ultima sia la meglio: vagando qua e là incerti, temendo ora da questo lato ora da quello le insidie di Saul. Ma re Saul, quando seppe che Davide era scampato da Ceila, fallitogli il colpo, non si mosse. Voleva coglierlo alla sprovvista, come acchiappasi di notte l’uccello nel nido. Davide, per riaversi un poco dall’incessante angoscia del sospetto, che all’anime generose è più affannoso ancora del terrore, si mise nel paese di Zif dentro alla montagna solitaria, naturalmente