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già preparato dal mestiere della spia al mestiere del carnefice, s’avventò su que’ sacerdoti disarmati e potè trafiggerne ottantacinque.
Pietosa cosa a vedere, le bianche vesti, e i bianchi e biondi capelli, tinti di sangue; di sangue inzuppata l’erba e spruzzati gli alberi della foresta; e sangue schizzare sulla faccia infocata di Doeg; i più vecchi sacerdoti opporre il petto alla spada per difendere i petti più giovani, i più giovani con santa gara profferire sè stesso e chi cadere senza parola, chi con preghiera coraggiosa, chi con lamento sommesso; e quelli di sotto, ancora vivi, dibattersi nell’agonia, e scuotere i cadaveri de’ sopragettati compagni, e far sentire nell’agonia un suono languido modulato come di canto. I soldati che per pietà non ubbidirono alla voce del re, potevano impedire il macello, e con preghiere, e se bisognasse, con minacce, stornarlo; e avventandosi sull’Idumeo, troncargli il braccio scellerato. Ma forse attoniti alla crudel vista, forse avvezzi a servire stupidamente al volere del re, si smarrirono. Meno male che non si siano col braccio proprio fatti alla scelleratezza ministri; e preghiamo Dio che di questo coraggio almeno faccia tutti gli uomini degni. Incominciando a non servire l’altrui violenza, troveranno col tempo le forze e le vie d’inibirla.
Non sazia di tanto sangue l’ira di Saul, mandò l’Idumeo alla città di Nobe nella quale abitavano i sacerdoti, che trucidasse tutte quante le loro famiglie; e pur troppo si rinvennero sgherri che l’aiutarono a questo. Solo un giovanetto della casa d’Achimelec, di nome Abiatar, scampò, e corse a Davide annunziando dei sacerdoti del Signore le morti. Davide inorridito disse ad Abiatar: «Che, essendo in Niobe Doeg idumeo, l’avrebbe rapportato al re Saul, i’ lo dovevo sapere.