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e se al momento par ch’essa tolga un impaccio, ne fa poi insorgere di peggiori.
Re Saul non s’acchetò punto a quel pretesto; si scagliò contro Gionata con vituperi e gli disse: «Non so io forse, o disgraziato, che tu sei l’amico di quel figliuolo d’Isai? E non intendo che, finattanto che il figliuolo d’Isai sarà vivo, tu non avrai pace, il tuo regno non avrà fondamento? Or manda per esso, e conducimelo; perch’egli è già destinato alla morte». Il re si credeva con questo scongiuro scoscendere Gionata, pensando che a tutti quanti dovesse il seggio regio parere cosa tanto magnifica quanto a lui. Gionata, senza dar retta a quelle parole in atto supplichevole ma fermo, rispondendo a suo padre, disse: «Perchè avr’ebb’egli a morire? Che fec’egli Davide?». Re Saul, senza dire parola, diede il piglio alla lancia per trafiggere Gionata, il suo figliuolo. Allora il giovane dovette pur credere che suo padre aveva fermo d’uccidere Davide. Ma chi sa che, se, invece d’uscire con una scusa, il buono amico e buon figlio avesse a dirittura detto al padre alla prima domanda: «Davide non viene perchè teme o padre, di voi, perchè crede la propria vita mal sicura a fianco del suocero, perchè a chiari segni s’accorge che Saul re vuol far vedova la propria figliuola», e se avesse soggiunte parole di preghiera dolorosa e di consiglio sommesso, affettuoso; chi sa che re Saul non si fosse ancora una volta ravveduto, e usato misericordia, più che all’altrui vita, all’anima propria? Ma egli si sdegnò del pretesto; e a esasperare il rancore si aggiunse l’orgoglio: e questa cosa lo punse, che il figlio stesso paresse prendere a giuoco lo sdegno suo, e credesse abbonirlo con due parolette, come fanciullo che piange. Si credette attorniato da cospiratori,