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sgherri; e disse a Davide: «Se non ti salvi stanotte, domani sei morto». E aperse pian piano la finestra dalla parte che dava sulla campagna; e, abbracciatolo, e cintagli al fianco la spada di Gionata, e riabbracciatolo ancora senza lagrime e senza suono di voce, lo calò dalla finestra, reggendo con tutte le forze la fune. E, sentitolo a terra, e vistolo, come un’ombra leggiera, perdersi fra le piante, s’inginocchiò ringraziando e pregando. Ogni stormire di fronda la riscuoteva, non forse gli sgherri, avvistisene, lo rincorressero. Ma ogni cosa intorno era quieto. Micol, allora, prese un’imagine d’uomo in pietra che aveva, la pose sul letto, e la involtò in un gabbano: e le imbacuccò tutto il viso. Sull’alba uggiti del più aspettare, i satelliti picchiano: e di dentro si risponde: «Malato». Saul, inviperito, manda da capo: «Strascinatelo così malato, che muoia». Vengono e trovano la figura invece di lui. Saul allora a Micol disse adirato: «Tu osi farti beffe di me? E lasciare il nemico mio che mi scappi?». E Micol rispose: «E’ mi disse: Lasciami; o tu sei morta». Mal fece Micol a scusarsi d’un’azione debita e bella con dir menzogna; nè già Saul è da credere che le desse fede e non arrabbiasse in vedere i suoi proprii figliuoli amare colui ch’e’ chiamava nemico. Meglio esporsi all’ira del re, che pure era padre, e non avrebbe incrudelito contr’essa; e fosse, per la generosità di lei, convertito il cuore a pietà. Ma forse non erano tutte menzogne le parole di Micol; ella forse intendeva che la morte di Davide amato sarebbe morte a lei stessa.
Si rifuggì Davide in Ramata; e, stato quivi alcun tempo, lo prese desiderio di sentire i conforti e i consigli di Gionata l’amico fedele. Venne, e s’abboccò seco, e gli disse: «Gionata che ho fatto io? qual è la mia colpa, quale è il mancamento mio verso il padre vostro che e’ vuol la mia vita?». E Gionata gli rispose: «No, Davide, non morrete (Dio liberi). Mio padre non fa cosa da molto o da poco, che non me ne