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A quella vista, scoppiano da’ due campi due contrari suoni di grida, qui di maraviglia esultante, là d’attonito spavento; e Israello si slancian tutti e brandiscono le armi, e i Filistei tutti fuggono via senza mente. Così, quando sulla faccia del mare si leva subito il vento, le onde tutte commosse si volgono l’una sull’altra, e si sospingono, e vanno con suono furioso a frangersi negli scogli. Gli armati d’Israello li inseguono gridando, e spargono, de’ cadaveri di que’ superbi, dianzi trionfanti, la via di Sarian e tutto lo spazio fino a Get, e giù fino ad Accaron. E ritornati di là, come torrente sui seminati, si gettano sulle tende rizzate nel poggio, e fanno ampia preda.
Re Saul, mentre Davide moveva incontro al gigante, disse rivolto a Abner ch’era il maggior capitano dell’esercito d’Israello: «Abner, sai tu di che schiatta sia cotesto ragazzo?» Gli aveva parlato a lungo re Saul; ma, parte per lo sgomento dell’animo, parte per la vergogna del dover invocare il braccio d’un giovane poveretto, parte per la noncuranza malcreata che i grandi della terra hanno e che affettano di dimostrare verso la povera gente, non aveva il re domandato a Davide di che sangue egli fosse. Ed era di schiatta più nobile che quella del re; questi da Beniamino, il pastorello da Giuda, al quale aveva così grandi cose vaticinate il patriarca Giacobbe morendo. Abner a quella domanda con simile noncuranza rispose: «Così la vostra vita sia lungamente gloriosa, com’io non ne so niente». E Abner, allorchè fu ritornato dal campo, lo presentò innanzi a Saul; non già che a lui, capitano superbo, importasse dimostrare gratitudine e riverenza verso quel poveretto; ma non ne poteva a meno. Venne Davide tenendo