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A sua Maestà pare un gran che promettere a chi lo liberi dal gigante, esenzione dalle regie gabelle. E questo viene, s’intende, dopo la promessa della figliuola propria. Tanto pareva il re contare più le gabelle che il sangue proprio; e tanto dovevano al popolo già pesare i tributi, se questo premio viene per ultimo, quasi corona. Davide a coloro che erano più presso domandò che esponessero più chiaro la cosa. E molti gliene ripetevano perchè il pur pensare che taluno potesse camparli da quello spavento, era ad essi sollievo. A Davide non importava tanto sapere del premio; ma dalla grandezza del premio promesso riconosceva la gran paura del re, e la stringente necessità della cosa. E a lui, buono e semplice, quella promessa che più lusingava il pensiero, era di poter liberare il vecchio padre e i fratelli suoi dal tributo. Onde diceva, come parlando con le proprie speranze, ispirarsi: «Ah, questo sarà dato a chi metterà a giacere quello straniero superbo, e toglierà tale vergogna dal popolo d’Israello! E chi è questo forestiero impuro, che strapazza l’esercito del Dio vivente?». Intese questi discorsi Eliab il maggior fratello di Davide, e si sdegnò contro il giovanetto, e disse: «Oh perchè se’ tu venuto qua, e hai lasciato quelle poche di pecore, che si smarriscano per le balze? Io ti conosco, sai? So il tuo orgoglietto segreto, bacchillone che sei! Gli è venuto a vedere come si fa a combattere, gli è venuto!» Davide rispose: «Che c’è egli di male? Non si può dire una parola?». E sgusciò tra la folla. E domandava a un altro la medesima cosa, e gli rispondevano il simile. Di bocca in bocca le parole di Davide vennero infino a Saul. A cose allegre, non si sarebbe badato punto al linguaggio d’un pastorello; ma la necessità è gran