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E stava aspettando risposta con alta fronte. Ma tutti d’Israello tacevano per paura. Re Saul, perduto l’ardimento delle prime vittorie, giaceva accasciato come da una malattia di sgomento; non conosceva sè stesso, non sapeva nemmeno sentire vergogna. Gli altri, guardando a lui, prendevano quasi coraggio a non avere coraggio. «E chi (pensavano) può venire al paragone con forza d’uomo così smisurata?». E non innalzavano a Dio la mente. I migliori pregavano senza speranza; pregavano di poter scampare al pericolo, non di salvare da vergogna Israello. Il Filisteo se ne ritornava col suo servitore; e diceva ai Filistei boriosamente: «Io li ho chiamati fuora; ho gridato a tutti e a ciascuno di quella turba de’ servi di Saul, che scelgano un uomo il quale venga a battere due colpi meco. E’ fanno il sordo all’affronto». Nota come Golia chiama il popolo d’Israello servi di Saul; la quale parola non si sapeva che cosa volesse dire al tempo che gl’Israeliti si reggevano a giudici.
Dunque Saul e tutto il popolo stavano istupiditi dalla paura. C’era in Betlemme, luogo della tribù di Giuda, un vecchio d’anni molti, che aveva nome Isai, figliuolo di Obed, il quale Obed era figliuolo di quella buona Rut che s’è detto, nuora della buona Noemi. Questo Isai aveva otto figliuoli; e i tre più grandi, Eliab il maggiore, Abinadab il secondo, il terzo Samma, erano con Saul a campo alla valle del Terebinto. Davide era il più giovanetto. Quando andarono via, venne Davide di campagna ove stava a badare alle pecore di suo padre e li abbracciò e baciò, forse voglioso in cuore d’accompagnarli e se ne tornò alla sua gregge. Intanto Golia filisteo tutti i giorni faceva questa sortita e questa smargiassata e i suoi pigliavano sempre più ardire,