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re Saul quasi l’odore della vittoria, e diede il grido della mossa; e i petti di tutti i secento che eran seco, echeggiarono al grido. Corsero al luogo della mischia, ed ecco vedono che, forsennati di terrore, i Filistei avevano rivolte l’un contro l’altro le spade e vedono strage grande.

Que’ perfidi e codardi tra gl’Israeliti, che, quasi terra sgretolata dall’acqua corrente, s’erano mano mano aggiunti al nemico per timore di morte e per brama di preda, ecco adesso lo abbandonano, e ritornano a quelli ch’erano con Saul e con Gionata: antico mestiere de’ vili, che serbano il coraggio come moneta da spendere con usura dannosa al fratello che ha di bisogno. E tutti quegli Israeliti che s’erano rimpiattati nella montagna d’Efraimo e altrove, tesero trepidando l’orecchio al rumore dell’armi; poi, rassicurati, porsero il capo fuor delle grotte e delle cisterne, e uscirono; e, sicuri ormai della compiuta vittoria, gridarono sè apparecchiati a battaglia. Così si trovò, da secento, cresciuto l’esercito a diecimila.

Re Saul, da allora, ebbe sui nemici sbigottiti vittorie parecchie: ma il primo esempio che, a guisa d’unico lume dal quale s’accendano migliaia di lumi, diffuse in tanti petti il coraggio, fu l’ardimento di Gionata e dell’affettuoso scudiero, e la fede ch’egli ebbero in Dio; al quale è podestà di collocare la nostra salvezza nel servigio e di pochi e di molti. E Dio volle insieme insegnarci che il disprezzo dei nemici, per dappoco che paiano, e la fidanza vana nelle vittorie passate (peggio poi nelle future e non nostre), è sempre punita severamente.