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gli rotolavano i sassi, rimbalzando, e scheggiandosi. Montava ansante, e additava allo scudiero il passo più sicuro, egli primo al pericolo. Quando li videro i Filistei a scendere per quelle balze, duro varco alla capra e al camoscio, stupirono e si pensarono che tanto non avrebbero osato pochi guerrieri. E il suono delle pietre rotolanti, e il suono delle voci de’ due ripercosse dagli echi del monte e il suono dell’armi o scosse nè salti o striscianti sul sasso, e il luccicar degli elmetti al sole ardente, e lo sparire de’ due salenti fra le punte e i radi cespugli, e il riapparire sempre più presso alla cima, sembrò alle guardie filistee come un sogno pauroso. E stavano lì fermi senza sapere nè lanciar giavellotto nè scoccare saetta.
Gionata s’aggrappava all’ultimo masso: e’ non ancora ben fermo su quello, più coll’urto che col taglio della spada fa precipitare giù il Filisteo, troppo tardo oramai alla fuga. Gli altri fuggenti, egl’insegue con le grida e col ferro; e lo scudiere, dietrogli, atterra i lasciati da lui. Venti uomini quasi cascano morti nella metà dello spazio che un par di buoi in una giornata arerebbe. Il maraviglioso terrore portato dalla voce de’ due valorosi si diffonde nel campo come fiamma portata da’ venti. Sin que’ Filistei che in ischiera erano usciti alla preda, se ne risentirono; come il calore dell’incendio si distende più là che non giunga la vampa.
Le vedette di re Saul da Ghibea adocchiano la moltitudine caduta per il monte e per la campagna, o dispersa, come foglie, parte giacenti, e parte levate dal turbine. E Saul dice a’ suoi: «Cercate e vedete chi di noi manchi». Cercarono; e vedono che Gionata collo scudiero suo fido era via. Intanto che Saul interroga il sacerdote Achia del volere divino, ecco cresce il rumore, e si fa sempre più chiaro; rumore come di fuga confusa, non di fervente battaglia. Sentì