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canizie, che vi parlo. Eccomi pronto a rendervi ragione d’ogni atto della mia vita; eccomi solo dinnanzi a voi. Giudicatemi, dite dinnanzi al Signore e a questo re, dite, o popolo d’Israello, s’io ad alcuno di voi tolsi per forza o per frode cosa veruna; se d’alcuno offesi l’onore; se accettai presente veruno; e quanto mi si dirà che avrò preso contro giustizia, sarà mio debito restituire».

A terribile esame chiamava il vecchio Samuele la propria vita, schierando dinnanzi a un popolo intero gli anni suoi, come persone accusate dinnanzi a una turba di giudici. E’ li interroga a fronte alta, giudice egli di loro. E per fare alla loro coscienza questa illustre disfida, aspetta di non esser più reggitore loro, nè nulla; aspetta che da un altro uomo abbiano che sperare e che temere oramai. Certo che de’ malcontenti ne avrà fatti anch’egli in tanti anni; e taluni almeno di coloro che vollero un re, avrebbero goduto a poterlo trovare in colpa, e screditare il nome di lui. E però, ben fece a chiamarli, che l’accusino pubblicamente; che ardiscano mostrare la faccia. Se tutti i governanti aprissero simile lizza, farebbero cosa e buona e onorata, e sovente profittevole a sè. Bisogna fare il letto alle acque correnti, che scendano: se no, strariperanno torrente, o stagneranno palude; porteranno rovina e marciume.

All’interrogazione del vecchio, commossi di riverenza e di gratitudine risposero gli uomini d’Israello: «No, voi non offendeste il nome d’alcuno di noi, nè soverchiaste, nè toglieste del nostro cosa veruna». Samuele, volgendosi a Saul, e poi girando lo sguardo, modesto