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pareva che un re fosse come uno spettacolo da stare più allegri, un balocco da farsene belli. Samuele pregò Dio, che gli desse consiglio in questo così duro passo, e Dio gl’ispirò di vincere sé stesso, e condiscendere alle voglie di quella gente. E dicendo quella gente, intendo i benestanti e i saputi, che menano gli altri troppo sovente a loro talento; perché, quanto alla povera plebe, la si sarebbe contentata d’un giudice tuttavia.

Ma prima non mancò Samuele che non annunziasse agl’Israeliti le nuove condizioni alle quali s’assoggettavano, e non dichiarasse loro quel che vuol dire un re, o, per dir meglio, quel che sarebbe voluto dire in Israello a que’ tempi. Adunò Samuele dunque i principali del popolo e disse: «Il re che volete, ecco i diritti che s’arrogherà sopra voi. Vi prenderà i figli vostri per farli suoi cocchieri e cavallerizzi e staffieri. E avrà sotto di sé magistrati eletti non da voi ma da esso. E avrà poderi di suo, e gente che faticherà per lui come servi mercenarii: e avrà i suoi armaiuoli e operai. E delle vostre figliuole giovanette farà tante ministre de’ suoi comodi e lussi vani. Vi piglierà i vostri prati e le vostre vigne; il meglio vi piglierà, da donare ai suoi servitori. Sulle vostre messi e sulla vendemmia vorrà la decima per fare larghezza con la gente oziosa e turpe che farà le sue voglie. Vi porterà via i servi vostri e le vostre bestie, per servirsene lui. Vorrà la decima sulle gregge. E sarete suoi servi. E allora chiederete soccorso a Dio dal flagello di cotesto re che volete. Iddio non v’ascolterà allora, perché siete voi che l’avrete voluto il re».

Ma i maggiori del popolo non diedero retta a Samuele; o pensassero ch’egli parlava così per dispetto, o volessero