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Poteva Gedeone, onorato di tanti segni col favore divino, stimarsi idoneo a reggere il popolo d’Israello, anco ch’eglino non gli si profferissero ubbidienti: poteva, per amore de’ proprii figliuoli, volere quella potestà, e, come segue, confondere la vanità propria con l’affetto patrio e col paterno. Ma Gedeone pensò: «Altro è vincere una battaglia, altro è governare una gente. Buon guerriero può essere reggitore cattivo. E quand’anco io sapessi, chi dice a me e a questo popolo, che mio figlio saprà? Che il figliuolo di mio figlio saprà? E s’egli fosse imbecille? o pauroso? o sospettoso? o (Dio liberi) bindolo? Bell’onore a me e a lui! Di mia mano l’avrei messo in alto per fare infame il mio sangue, e perchè tutto il popolo d’Israello, passando lungo il luogo della mia sepoltura, dicesse parole di dolore o di sdegno. No, no, non è affare per me». E rifiutò il potere proffertogli, come l’uomo rifiuta un cibo messogli innanzi amorevolmente, che è buono a vedere, ma si sa di certo che non si potrà digerire. E fece benissimo.

Sovente, però, chi resiste alle maggiori tentazioni, dalle più piccole non si riguarda: ch’anzi si tiene come in facoltà di cedere a quelle. Disse Gedeone agli uomini del suo popolo: «Sola una cosa domando: datemi gli orecchini che avete presi al nemico» (perchè quella gente portava agli orecchi campanelline d’oro). E gli uomini d’Israello risposero: «Volentieri». E stesero un gabano per terra, e vi gettarono tutti gli orecchini tolti ai nemici o morti o presi; e che in tutto pesavano millesettecento pesi d’oro fine, senza contare le collane e gli altri adornamenti d’oro, e le vesti di porpora che portavano i re e i signori di Madian, e senza le collane d’oro che pendevano al collo di que’ cammelli tanti. Gedeone non prese