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sieme con tutta la sua moltitudine in mezzo all’aperta campagna, in mezzo ai popoli che adoravano come Dei figure di legno o di metallo, o bestie e cipolle, o il sole e la luna e le stelle! Passati i mesi della fame, uscirono d’Egitto Abramo e Lot suo nipote con tutta la gente e le robe. E ritornarono per la medesima via, sul medesimo monte dove avevano spiegate le tende e fatto l’altare al nome di Dio. Aveva Lot le sue tende da sè, e conosceva le sue gregge di pecore e capre, e i suoi armenti di buoi. Ma tante erano le bestie, e tanti i pastori, che non potevano più nipote e zio stare insieme ne’ medesimi pascoli. Perchè questo è l’effetto della ricchezza, che impedisce assai volte anco alla gente buona e che si vogliono bene, poter convivere in tutta pace. Anco che i padroni desiderino vivere d’accordo insieme, i servitori non sanno; e certi amici dei padroni li consigliano badare al loro utile proprio; e in questa maniera a poco a poco si rompe la buona armonia. Così tra i pastori di Abramo e di Lot nacque rissa: perchè sovente la gente che ubbidisce, è più altera di chi comanda. Si litigavano segnatamente per l’acqua; chè non era facile abbeverare tanti animali in un tratto; e, anche potendo, i pastori si facevano dei dispetti, sperando ciascuno che il suo padrone sarebbe per reggerlo. Abramo, vedendo che la vicinanza avrebbe piuttosto alterato l’affetto tra parenti che mantenutolo, pensò, e disse: “Ti prego, mio caro nipote, facciamo una cosa: che non nascano liti tra me e te, e fra i pastori miei e tuoi; perchè siamo d’un sangue stesso. Ecco, tu vedi il paese che ci sta innanzi, dove si può trovare pastura. Ti prego, dividiamoci in pace, nipote mio. Se tu vai a mano manca, e io da man destra; se tu scegli a diritta, e io piglierò da mancina.” Così disse Abramo. Nè l’amore de’ suoi co-