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alto biancheggiare le gregge tornanti dalla pastura, e più lontano le tende de pastori pernottanti all’aperto. E le acque, in giri scherzosi per il pendio, riflettevano gli ultimi raggi; e poi la luna e le stelle sorgenti ricordavano ad Assa il dono del padre, quand’ella sospirò, e gli richiese terreno a cui non mancassero acque vive. Nelle bellezze della terra e del cielo sentivano più abbondante l’amore della famiglia e di Dio. Parlava ad essi di Dio il venticello vespertino tra gli alberi scendenti pian piano lungo il soave declivio. Vedevano dalle viti pendere, variati di bianco e rossigno e bruno colore, di que’ grappoli, de’ quali il padre aveva nella solitudine indarno portato il saggio al popolo dubitante; e sorridere tra il verde folto, aprendosi dal vago gialliccio della buccia, il vermiglio delle melegranate, che dovevano essere simbolo sacro imitato dall’arte, fregio agli abiti sacerdotali, e alle colonne del tempio futuro. Ruzzavano sull’erbetta i figli de’ figli; e l’una generazione sotto l’altra cresceva, come pianticella sotto la grande ombra materna, che già fanno presentire il tronco robusto nella snella dirittura e ne’ gracili rami. E s’avverava nella figliuola di Càleb la parola di Giacobbe: che le benedizioni del padre vengono raffermate dalle benedizioni degli avi; e quasi acque che scendendo arricchiscono, verranno co’ secoli moltiplicando.
Otoniele e la moglie, che avevano dalle labbra di Càleb attinta la storia vivente de’ tempi passati, n’erano vivente comento ai loro nepoti. Raccontavano i fastosi sepolcri de’ re e i fastosi sepolcri delle bestie in Egitto: e i portenti del Dio liberatore, e le rane e gl’insetti schifosi che succedono al formicolare de’ cortigiani nelle stanze regali; e Faraone ingoiato e rigettato dalle acque; i lampi e le trombe annunziatrici della legge in cima all’Orebbe; e le