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a poco ambizione vorace. Tanto era incerto il da farsi, che, mancatogli il capo, cominciavano a domandare a sè stessi: Chi ascenderà innanzi a noi contro il nemico, e dovrà capitanare la guerra?
Ma in questa stessa domanda, mossa senza timore del pericolo esterno e con previdente amore della necessaria unità, manifestasi, più che la voglia dell’imperare, la coscienza del debito che la potestà dittatrice, assume in sè stessa. La risposta di Dio fu che il primo sia Giuda. Non è detto nominatamente quali di quella tribù erano per condurre la guerra; ma è detto che quella tribù volle diviso con altri e il peso e l’onore; e invocò Simeone dicendo: Ascendi meco nella sorte mia, e combatti i Cananei e io poi verrò e assicurerò la tua sorte. Così quelle tribù, veramente sorelle, intendevano la tanto improvvidamente ambita, come chiamasi precocemente, egemonia. Da sè soli ciascuno non si sentivano forti; ma prima che in aiuti esterni, fidavano, l’uno nell’altro, patteggiavano aiuti mutui; la promessa non era minaccia. Non è però men vero che l’una delle tribù fu prescelta a muovere in prima la guerra; e che quella che veniva chiamata al consorzio del cimento, rispose volonterosa. Le altre stavano pronte, attendendo la volta loro; nè con mostre vane di tumultuoso coraggio si cacciavano innanzi a provocare il nemico; molto meno, impreparate, a schernirlo, fatte sicure dell’impunità da chi era disposto a cimentarsi per esse.
A ciascuna tribù i suoi destini: a ciascuna li stabiliva il fuggente alito di Giacobbe con parole immortali. «Raccoglietevi, disse, e udite Israele, il padre vostro». - E benedisse ai singoli con benedizioni appropriate: e prenunzia