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contro il quale egli è destinato a combattere, lo renda rispettabile o tollerabile al popolo ch’egli prende a voler liberare. La vittoria è tentatrice, e porta nel suo grembo il veleno che la spegnerà, se il fortunato non usi per rimedio una provvida diffidenza di sè, una fraterna confidenza e una pietà rispettosa verso coloro co’ quali egli è per entrare in consorzio, e fors’anco in lotta.

Una ingiusta vittoria può essere da fatti susseguenti espiata e quasi legittimata; può essere, contro il volere de’ vincitori e de’ vinti, nelle mani di Dio un riparo a mali più gravi e più schifosi e più lunghi, una lenta e dura educazione mutua, quasi cammino asprissimo al meglio: ma può d’altra parte la vittoria legittima, conseguita in guerra di difesa santa, nonchè d’offesa, essere profanata da indegne intenzioni, da mezzi ignobili, essere dall’abuso frustrata, conversa in ignominia e rovina. Anche quello che ci è giustamente dovuto, si può ingiustamente rivendicare e tenere; e troppi vediamo gli abusi così della proprietà privata come della pubblica potestà. Quindi pretesto e tentazione ai furti e alle rapine, alle incursioni e alle dominazioni violente: le quali, alla volta loro, si fanno fornite di rappresaglie e discordie e rivoluzioni: e, dall’un lato e dall’altro trovandosi una porzione di diritto staccata dal dovere, ciascuno grida sè legittimamente invasore o legittimamente ribelle. Le minacce che precedono allo scoppio della violenza, possono farcisi avvertimenti salutari: e le rivoluzioni sono rivelazioni della giustizia oltraggiata.

Più fruttuosa moralità della storia si è questa che i vantaggi ottenuti o coll’armi o col senno, non basta esserseli nell’origine meritati; bisogna continuare tutti i dì a meritarseli nell’opera perseverante dell’onesta fatica e del retto pensiero e delle affezioni e delle opere generose. Bisogna coltivare il terreno conquistato,