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ai governi confiscatori. Nella conquista della terra di Canaan, le morti dei nemici stessi non sono lasciate all’arbitrio furibondo delle plebi incorrenti; ma il cenno de’ capi ne limita il numero, e ne allontana ogni senso di vendetta rabbiosa. E questo principalmente si noti, che nelle altre conquiste un popolo guerriero si sovrappone a uno più debole; e, sterminatane parte, sforza l’altra ai tributi, riscuotendoli coll’armi in pugno; e il privilegio delle armi serbano a sè. Ma qui gli è un popolo pastore che, fattosi mirabilmente guerriero, combatte uomini robusti, e da maggiore civiltà resi più bellicosi, non già più fiacchi; e non pertanto, conseguita la vittoria, s’adagia nelle arti di pace. Dal guadagnato terreno non intende di far germogliare a sè i frutti dovuti al dolore dei vinti; del sudore proprio egli lo deve inaffiare, e più veramente che col ferro della spada, con quello del vomere conquistarlo.
Insin dal primo sono assegnati alla conquista i confini, acciocchè la speranza abbia un limite insieme con la fatica, e la cupidità non accresca, come suole, i pericoli. Non dal capriccio di coloro che saran per goderne è fatta la distribuzione del suolo, ma per sorti prestabilite dall’uomo stesso che diede al popolo la costituzione religiosa e sociale; e con l’equanimità affettuosa del padre, con la fermezza del legislatore, con l’autorità dell’inviato da Dio, colle benemerenze del liberatore, Mosè fa le parti al suo popolo dal suo sepolcro. Tante generazioni eran corse dacchè Giacobbe aveva raddoppiata a Giuseppe l’eredità facendo Efraimo e Manasse in capi di due distinte tribù: adesso, quella tradizione, vivente come testamento profferito dal labbro stesso di Giacobbe sul suo letticciuolo, quella tradizione si avvera; e Manasse ed Efraimo ottengono