Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
tra gli stessi ladroni di strada. E anche questa è, chi ben pensi, una legge tremenda, la quale ci dimostra due cose. Dimostra in prima come l’ubbidienza, in tutti gli stati di vivere umano, per sfrenati che voglionsi, è ineluttabile; ch’anzi a fare il male richiedonsi dall’un lato imperii più ferrei, e dall’altro soggezione più dura. Poi dimostra come, se, nella stessa ingiustizia e nell’orgoglio della vittoria, i vincitori trovano modo di mantenere una certa misura, e, quando vogliano vivere e non essere divorati dalla terra in cui fingono l’asta insanguinata, debbono costituire una specie di società non solo tra sè ma coi vinti, e osservarla. Cotesto significa che o prima o poi e’ debbono meritarsi la vittoria; e che i vinti, sottostando, patiscono la pena dell’avere abusata la libertà e la potenza. Ma nell’avvenimento di cui ragioniamo discernonsi alcune singolarità che lo fanno essere unico. Le solite depredazioni, delle quali è desolata la storia del genere umano come se fossero intemperie assegnate a certe stagioni, ci mostrano, e nel primo impeto dell’invadere e nel possesso continuato, sfoghi della cupidigia e dell’avarizia, se non della libidine della crudeltà abituata: ma qui un divieto severo sotto pena di morte interdice ai singoli vincitori d’appropriarsi pure un arnese, un filo delle spoglie nemiche; e la pena è, come sacrifizio solenne, pubblicamente eseguita. La quale tradizione d’astinenza rimane così inviscerata nella nazione, che fino nella cattività, quando la coraggiosa e benefica bellezza d’Ester ebrea (discendente dalla schiatta di Cis, ch’era quella di Saul) dona ai vinti un inaspettato trionfo sopra i tiranni, l’odio degli oppressi si sbrama nel sangue, ma delle ricchezze si serba puro, potendole ghermire impunito: memorabile esempio nella storia, e riprensione