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più grande rilievo, dico l’occupazione d’un intero paese, conviene ascendere a una legge suprema che governa tutte le civili vicende, e le assoggetta alle norme morali cioè le dispone secondo l’uso che fa ciascun uomo e ciascun popolo della propria libertà. Questa legge vuole che i migliori, alla fine, anco quaggià prevalgano, e (giacchè bontà perfetta non c’è), i più cattivi cedono ai meno cattivi. La moralità della storia è rinchiusa nella risposta di quel duca di Milano, che, vinto e fuoruscito, predicava di ritornare al dominio quando le colpe del suo successore fossero più gravi delle sue colpe. Chi vince nel fallo, è vinto nel fatto. La pena non segue pronta alla colpa neanco negli uomini singoli; e siccome il corpo delle nazioni si distende nello spazio, così si distende nel tempo la vita loro. Or le nazioni che possedevano la terra serbata a Israello, non solamente sconoscevano il culto del vero Dio, ma erano ree di quelle abominazioni che genera la civiltà e l’abusata potenza. E basti rammentare quel re Adonibezec, il quale, presi settanta altri re, cioè signorotti, e tagliate loro le estremità delle mani e de’ piedi, li teneva sotto la tavola a raccattare gli avanzi del pasto suo più che ferino. Questo è tal fatto che non può stare da sè, e ne suppone altri simili; ma da sè dice assai in qual profondo di snaturalezza giacessero genti che da tali uomini soffrivano d’essere dominate, e dove tali uomini ritrovavano satelliti pronti.
Il popolo al quale era affidata la tradizione religiosa più intera, e da cui doveva diffondersi una rivelazione che si distenderebbe a tutta la vita del genere umano, essendo pure una società d’uomini che potevano abusare del libero arbitrio come gli altri tutti, se fosse stato infallibile ed impeccabile, avrebbe trascesi i limiti dell’umanità, con